Cosa può fare un papà per trascorrere del tempo con il suo bimbo appena nato? Idee e strumenti per papà moderni e bimbi fortunati.

Quando nasce un bambino, sembra che tutti si sentano in dovere di dire la loro. Non sempre a proposito, purtroppo. Uno degli argomenti preferiti è, da sempre l’allattamento; che sia al seno o al biberon, l’allattamento è all’origine di un buon campionario di frasi epiche che rimangono scolpite nella memoria. Si spera, almeno, che non facciano troppi danni…

Una delle frasi che ricordo con maggiore chiarezza è stata pronunciata mentre cercavo di far decollare un allattamento che non era partito sotto la migliore delle stelle. “Ma sì, non ti fare un cruccio. Che poi, con il biberon almeno anche il papà può stare con il bambino e legare con lui”. Le intenzioni erano sicuramente buone, ma il risultato… un po’ meno.

Puerpera, frastornata e pure con il senso di colpa! Che razza di madre ostinata ero? Stavo davvero ostacolando la costruzione del rapporto tra padre e figlio? La risposta è decisamente NO, e lo posso affermare con maggiore sicurezza ora che sono passati 7 anni, guardando figlio con suo padre .

L’allattamento è certamente uno strumento forte di relazione e non solo di nutrimento, ma è davvero un errore pensare che rappresenta l’unica via per stabilire dei rapporti. E’, anzi, un grande vantaggio che mamma e papà abbiano a disposizione strumenti diversi, condivisi, personalizzati e complementari per stabilire un rapporto con il proprio bambino. Ed è una vera ricchezza per il neonato che ne beneficia.

Ma su quali strumenti può fare affidamento un papà?

Strumenti per il papà

Il papà dei miei bambini è un uomo del “fare” e questo si manifesta chiaramente anche nel suo modo di essere padre, sempre alla ricerca di cose da fare, compiti da assolvere, problemi da risolvere. Giocano senz’altro un ruolo sia l’indole che la deformazione professionale da tecnico, ma non solo. Questa preferenza per il fare, piuttosto che per lo stare, accomuna molti dei papà che conosco e forse ha un po’ a che fare con la parte maschile.

Certo che le cose da fare, con un neonato, non sono una moltitudine e forse per questo, tanti papà si trovano spiazzati, soprattutto nelle prime settimane di vita. Ricordo che il mio compagno, ai tempi del nostro primogenito piccolo, dopo poco arrivava allungandomi il fagotto e dicendomi “vuole te” che si traduceva, in realtà, con “vuole te… tta“. Con la nostra seconda figlia, invece, le cose sono andate diversamente; lui dice che lei è diversa, ma io penso anche che sia lui quello diverso… o meglio, io penso che lui abbia trovato più strumenti. Quali? Eccone una selezione.

La fascia portabebè

Il babywearing è uno mezzo potentissimo ed estremamente versatile che permette di entrare in relazione, di fare cose e semplicemente di stare insieme. Uno strumento che può essere declinato in molti modi per adattarsi a famiglie con esigenze diverse.Un modo antico, moderno e comodo per stare insieme” afferma Esther Weber nel suo libro Portate i Piccoli.

Per il papà, la fascia può essere la fedele compagna di una passeggiata con il proprio bambino mentre la mamma lava i capelli o fa un pisolino, ad esempio. Ma non solo; la fascia può aiutare il papà a calmare un pianto, giocare un ruolo cruciale nell’addormentamento o semplicemente essere un modo per tenere addosso il proprio bambino mentre si stende una lavatrice. “O mentre si gioca alla playstation“, mi suggeriscono dalla regia. A mio modesto parere, la fascia dovrebbe anche essere fornita direttamente dai datori di lavoro come strumento essenziale per lo smart working, in caso di figli molto piccoli. Sarei pronta a scommettere che il livello di stress genitoriale diminuirebbe e il tasso di produttività avrebbe un rialzo (nel caso qualche imprenditore fosse all’ascolto…).

Ma oltre a ciò che il babywearing permette di fare, è altrettanto importante pensare a ciò che il portare permette di acquisire. La fascia è una valida alleata che può far sentire il papà competente e sicuro nel suo ruolo; un pezzo di stoffa che diventa strumento prezioso nelle prime settimane di una nuova vita, quando ci si può sentire un po’ spiazzati e “senza strumenti”. Non importa che sia un primo figlio o un secondo, terzo, quarto… ogni nascita porta con sé un periodo di riassestamento di equilibri e routine ed ogni strumento è bene accetto!

papà portatore

E se il papà non si sente sicuro a sperimentare con la fascia? Un corso o una consulenza con un professionista può essere un valido aiuto, considerando anche che spesso gli uomini vedono nell’esperto un supporto determinante.

Imparare a portare bene è senz’altro un investimento a lungo termine; il babywearing, infatti, non si esaurisce nelle prime settimane o mesi di vita. Al contrario, una volta inserita tra le pratiche abituali, il portare potrà accompagnare a lungo una famiglia, adattandosi, man mano, a nuove esigenze che nascono, bisogni che cambiano e rapporti che evolvono.

Il massaggio

Dei 5 sensi, quello maggiormente sviluppato in un neonato è il tatto. L’intera superficie corporea rappresenta il più potente organo di senso che permette al bambino di apprendere, svilupparsi e crescere. Il massaggio diventa quindi una forma di comunicazione privilegiata tra adulto e neonato che favorisce lo sviluppo, il rilassamento e il ritmo sonno-veglia del bambino.
Purtroppo, nel tempo, si è diffusa un po’ l’idea che il massaggio sia una attività “delle mamme”. Sicuramente a questo contribuisce il fatto che la mamma passa generalmente molto più tempo con un bambino nelle prime settimane di vita, spesso da sola, e quindi necessita di più sistemi e strumenti anche per passare la giornata; inoltre, sarà sempre la mamma che avrà maggiori occasioni di frequentare corsi dove imparare sequenze di massaggio.

Ma è proprio in ragione di questa minor quantità di tempo che rende ancora più importante trovare strumenti che agevolino la relazione tra un papà ed il suo bambino, come può essere, appunto, il massaggio. La mamma può condividere con il papà anche ciò che ha appreso durante un corso ed il bimbo può così “godere” della presenza di entrambi i genitori. Un momento dove si valorizzano le differenze, sia nella modalità di approccio che nell’intensità del tocco. Un bellissimo modo per far si che il papà si senta anche lui un punto di riferimento, arricchendo il suo diventare, sentirsi ed essere Padre.

E man mano che il bambino cresce? Il massaggio non è una cosa da archiviare necessariamente con i neonati. Certo, nei primi mesi ci saranno maggiori occasioni, ma nulla vieta di massaggiare anche bimbi più grandi. Noi l’abbiamo sperimentato addirittura con nostro figlio maggiore, di quasi 6 anni, quando è nata la sorellina; mentre papà massaggiava lei, io massaggiavo lui e viceversa. Ovviamente, con bimbi più grandi, le dinamiche cambiano, ma anche a noi adulti un bel massaggio da chi amiamo fa sempre piacere, no?

La voce

I bambini nascono già conoscendo la voce della mamma, che loro percepiscono all’interno dell’utero come vibrazione che viene portata dai tessuti del corpo materno. Ma non è solo questo. A partire dall’ottava settimana di gestazione, il meccanismo percettivo dell’orecchio comincia a svilupparsi, per diventare completo a ventiquattro settimane. Certo, la presenza del liquido amniotico ovatta suoni e rumori provenienti dall’esterno, ma è comunque probabile che il piccolo possa, in qualche modo, familiarizzare con le voci esterne, soprattutto con quella di papà.

Ecco allora che, una volta uscito dalla pancia, quelle voci faranno parte del bagaglio di cose conosciute; e così la voce della mamma, ma anche quella del papà, sono in grado di consolare, rassicurare, contenere e coccolare il neonato. Parlare, sussurrare ma anche cantare al proprio bambino è un modo per stargli vicino e uno dei tanti modi che si hanno per instaurare un rapporto con lui o con lei.

In questo, il canto diventa uno strumento estremamente utile. Il ritmo, la cadenza, l’intonazione sono in grado di accompagnare un bambino molto piccolo e di “giocare” con lui, ma sono anche in grado di alleviare la fatica dell’adulto. Come recita un famoso modo di dire “canta che ti passa”. A questo, aggiungiamo anche che non a tutti viene naturale parlare con il proprio bambino nelle prime settimane di vita, in una fase, cioè, in cui il neonato ancora non ha meccanismi efficaci di risposta (anche non verbale). Come dice Maria Teresa Nardi, ideatrice del percorso “Cantami o Mamma e autrice del libro omonimo, nel canto “le mamme”, ma anche i papà (aggiungiamo noi) “sperimentano concretamente la possibilità di trovare nuovi modi per “stare e giocare” con un neonato.”

Per un papà, a maggior ragione per papà di bambini che vengono allattati al seno (ma non solo) la voce può diventare uno strumento unico, ad esempio, per l’addormentamento. Magari in combinazione ad una fascia. Il canto di una ninna nanna o di una canzone gradita (magari evitando l’heavy metal o la taranta) può infatti diventare il perno di una loro personalissima routine della nanna, che può accompagnare anche altre pratiche, come un bagnetto condiviso o una rilassante mezz’ora di massaggio.

Ma la voce e il canto non esauriscono il loro potere con i neonati. Cantare per i bambini e, in seguito, con loro può essere una grande risorsa di intrattenimento, in auto, ad esempio, o durante le passeggiate in montagna, come incoraggiamento. Non so se avete mai fatto gite in montagna con l’oratorio, io sì, e da quando sono genitore ho capito perché non si smetteva mai di cantare. Nessuno sarebbe arrivato in cima senza il canto.

Il bagnetto

Stare pelle a pelle con il proprio bambino è un’esperienza potente e profonda. Un contatto in grado di liberare ossitocina, generare empatia, creare legami e rapporti ancora più profondi.

Ma è anche un tipo di contatto che non è sempre facile da realizzare, soprattutto dopo le prime settimane di vita. A maggior ragione per i papà che, spesso, stanno fuori casa tante ore durante la giornata.

Condividere il bagnetto può essere un’occasione preziosa e piacevole per il contatto skin to skin. Stare insieme nell’acqua calda riassume in sé tantissimi benefici: rassicura i bambini a cui le operazioni di lavaggio non piacciono particolarmente, crea un legame sensoriale tra padre e figlio e lascia una mezz’ora di felice tranquillità alla mamma che è stata tutto il giorno con il suo piccolo.

Nelle prime settimane di vita, il bagnetto ha soprattutto una dimensione di coccola, contatto e contenimento; ma stare a mollo insieme nell’acqua non esaurisce la sua funzione nel primo periodo di vita. Con il passare dei mesi, diventa una pratica di esplorazione del corpo del genitore e un momento di gioco e divertimento. Ma il tutto sempre accompagnato da un contatto pelle a pelle in grado di generare benessere e che spesso non ha altre vie per essere messo in pratica.

La routine

La gestione “ordinaria” di un neonato e di un lattante non è di secondaria importanza; anzi, se proprio stiamo a vedere, questa occupa la maggior parte del tempo che si passa con un piccolissimo. Cambiare pannolini ai piccoli, vestirli, metter loro il pigiamino, far fare il ruttino sono tutte azioni fondamentali nella quotidianità dei piccini. Ed è con la quotidianità che si costruiscono i rapporti e che ci si conosce davvero.

Tutte le operazioni che avvengono al fasciatoio, inoltre, hanno un altro importante risvolto. Portano i bambini “in alto”, permettendo il contatto occhi negli occhi e lasciano le mani libere. Nella “banalità” di un cambio pannolino, il piccolo impara a riconoscere la mano del suo papà, ma non solo. Perché il fasciatoio è anche quel momento in cui difficilmente si riesce a resistere ad un bacino o ad una pernacchia su quella pancia liscia liscia o su quei piedi a km 0. E poi spesso si parla sul fasciatoio, si ride o si canticchia. Si piange talvolta, ma anche quello fa parte della conoscenza.

Il tutto, ovviamente accompagnato da importanti esercizi di agilità del neopapà per imparare a schivare pipì improvvise. Siamo certi che, con un po’ di allenamento, diventerà scattantissimo!

Un libro

Davvero vale la pena leggere un libro a dei neonati? La risposta è senza dubbio SI.

Non è mai troppo presto per leggere ai pargoli, meglio ancora se a farlo è tutta la famiglia, papà in prima linea. Per i bambini, la molteplicità di voci narranti è una ricchezza enorme ad ogni età, anche la più tenera. Per il papà, è un’ottima “scusa” per sedersi, con il suo piccolo in braccio e stare insieme, corpicione contro corpicino. Ed è anche un modo per avviare una buona abitudine che potrà proseguire nel tempo, semplicemente variando le letture.

Cosa leggere a bambini così piccoli? Non ci sono limitazioni: i neonati sono lettori onnivori. Non è nemmeno necessario che siano libri dedicati ai bambini, potrete quindi scegliere quello che più vi aggrada: romanzi di avventure, saggi di geopolitica, grandi classici o saghe fantasy. Quello che conta è il contatto e la gestualità, aprire il libro, voltare le pagine, seguire le righe. E non dimentichiamo la voce, ovviamente, fondamentale nella lettura; sarà quindi necessario ricordarsi di mantenere toni calmi e rassicuranti anche nelle scene più cruente e drammatiche.

Ovviamente, la scelta può ricadere anche sugli albi illustrati, che potranno poi accompagnarli nei primi anni di vita. Una scelta piuttosto emozionante potrebbe essere quella leggere libri proprio a tema “papà”, la letteratura per l’infanzia ne vanta di bellissimi. Per bimbi piccini picciò, una buona opzione potrebbe essere “P di papà” oppure “Papà isola” o “Le mani di papà”.

Ma ci sono anche opzioni per bambini più grandini (o meglio, meno piccoli), perché la lettura condivisa è una di quelle abitudini che va mantenuta viva e alimentata nel tempo e che farà poi da perno anche per la lettura autonoma. E avere nel papà un lettore dedicato è una grande ricchezza per un bambino. Basterà variare i libri man mano che il bimbo cresce per avere sempre nuovi spunti, nuove idee, nuove occasioni per trascorrere momenti di grande qualità insieme.

Inoltre, ci sono anche libri “diversi” dal solito che permettono di fare cose insieme. Un esempio interessante è “Io e te, papà“, un libro gioco interamente dedicato al rapporto che i cuccioli hanno con il loro papà. Si tratta di un libro che aiuta i bambini a raccontare cosa preferiscono fare con il papà, dove si possono disegnare momenti importanti trascorsi insieme e che si conclude con il pensiero più semplice e proprio per questo più bello “ti voglio bene papà”.

Il libro ha un formato molto maneggevole essendo quadrato, ed è ricco di pagine da disegnare, da compilare o da completare anche con foto o piccoli ricordi. Immagino che anche a casa vostra si disponga di un’ampia collezione composta da foglie secche, involucri di caramelle, ritagli di qualsiasi cosa, stickers e chissà cosa altro ancora. Tutti oggetti perfetti da utilizzare nel caso i bambini non siano ancora dei grandi amanti del disegno. Posso scommettere che una volta completato finirà nella scatola dei ricordi… dei papà naturalmente.

Io e te, papà è un libro di Olivia Ruiz di Altamirano edizioni ape junior gentilmente omaggiato da Salani Editore.

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Giorgia

Sono Giorgia, adoro i miei cani, il buon cibo, il mare, il sapere, Netflix, i viaggi itineranti e scrivere. Sono un vulcano di idee e progetti, ho sempre qualcosa di nuovo da conoscere e studiare, amo studiare quasi quanto amo gli stuzzichini dell'aperitivo. Ho qualche problema con l'agenda, ma non manco mai un appuntamento. Chi mi ama lo fa senza condizioni.

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