Raccontarsi, mettendo a nudo momenti intimi della propria vita, per condividere con chi ha vissuto o sta vivendo la stessa esperienza. A volte aiuta sapere che non si è sole, che certe esperienza capitano e che nulla, ma proprio nulla ci rende meno donne e meno madri. Erika a distanza di qualche tempo ci racconta la nascita di Bianca la sua secondogenita, e ci parla di VBAC (Vaginal Birth After Cesarean) parto vaginale dopo cesareo.

Il mio primo figlio é nato con un taglio cesareo. La gravidanza era stata perfetta fino al secondo trimestre, poi qualche problema mi aveva messo a “riposo”.

L’ultimo mese, l’ottavo (Pietro é nato un mese prima), mi era sembrato interminabile.

Quando a distanza di tre anni e mezzo é nata Bianca (10 giorni oltre la dpp, nel mese Agosto), ho ridefinito il mio concetto di interminabile. Ricorderò l’estate del 2015 come la più calda della mia vita.

Dopo la nascita di Pietro ero determinata a non ripetere l’esperienza del taglio cesareo.

Sicuramente la mia avversione verso un altro cesareo nasceva dalla mia esperienza diretta, non proprio idilliaca. Ho letto esperienze di “cesareo dolce” decisamente più accettabili, tuttavia io non ho trovato nessuna struttura ospedaliera che allora lo praticasse. Avere il papà accanto, ad esempio, sarebbe stato per me un grande conforto. Ed anche per lui… avete mai visto un papà aspettare fuori da una sala operatoria?

Prepararsi ad avere un VBAC

Ho raccolto informazioni, ho letto libri sull’argomento, ho sentito le esperienze di altre donne che ci sono passate. Ho contattato le associazioni che si occupano di VBAC. Ho frequentato anche i gruppi virtuali di supporto e auto aiuto.
Tutto ciò mi ha convinto che la strada migliore per il mio secondo parto fosse quella. Mi sono fatta un bel bagaglio di informazioni e consapevolezza su quello che avrei affrontato e ho preso le mie decisioni.

Per il mio secondo parto ero decisa. La gravidanza di Bianca era fisiologica e questo mi avrebbe consentito di avere un VBAC. Io usavo proprio quel verbo: “avere”. Quasi scaramanticamente. I medici usano una terminologia più cauta come “travaglio di prova” o “parto di prova”.

E poi arriviamo alla dpp.

Il mio travaglio non partiva mai davvero, per molte notti ho pensato “ci siamo”. Le contrazioni erano regolari e si  sarebbero intensificate… invece ogni mattina alle cinque crollavo dopo una notte insonne. Le contrazioni scomparivano, per riapparire la sera dopo.

I controlli erano perfetti.

Dieci giorni dopo la mia dpp ho accettato che il travaglio non sarebbe mai iniziato da solo. Induzione prima “soft” con un palloncino, poi rottura del sacco. Niente da fare. Siamo passati alle maniere forti: ossitocina. Le contrazioni erano diventate finalmente forti, intense, senza pausa. Vado avanti per ore, ma la testa non scende mai. Provo tutte le posizioni; sono libera di muovermi, con me c’è mio marito e la mia ostetrica. Ho grinta da vendere.

Bianca non collabora, lei non spinge mai. Prima di quel giorno, l’ho sentita partecipe e attiva sempre, l’ho sentita puntare i piedi fino alla trentottesima settimana. Quella sera ero convinta sarebbe nata; invece si é adagiata e non l’ho piu sentita spingere.

Durante le contrazioni lei si rigira e stacca il monitoraggio.

Sembra quasi voglia mandarmi un messaggio, chiaro.

Io ero spaventata dall’idea di fallire nel percorso in cui avevo creduto con tutta me stessa. Non mangiavo e non riposavo da non so quanto tempo. L’anestesia epidurale era l’ultima spiaggia, ma non mi ha aiutata. La testa non scendeva, dalle visite sentivano  uno “scalino”, parlavano di “tumore da parto”, qualcosa bloccava la testa (il tumore da parto è un’importante tumefazione dei tessuti molli del capo del neonato che si può formare durante il passaggio del neonato nel canale del parto. La tumefazione in genere scompare spontaneamente in qualche giorno).

E così, anche la mia seconda figlia nasce in una sala operatoria.

In sala operatoria hanno difficoltà a far uscire Bianca. Sento mormorare un “ma quanto é grande?”.

La pesano tre volte: 5.455 kg.

É bellissima. É sveglia, non piange, fa versetti e mi guarda dritta negli occhi. Capisco in questo istante cosa sia l’amore a prima vista.  

La mia storia personale ha portato alla fine ad un altro cesareo, per noi non é stato possibile “avere” in nostro VBAC.

Qualcuno mi ha detto che avrei potuto evitare un travaglio tanto doloroso, visto che il risultato finale é stato un altro cesareo. Io più che il dolore, ricordo di aver cercato in tutti i modi di fare del mio meglio: questo per me é sufficiente e mi rende orgogliosa, anche se non ho avuto il mio vbac.

In Italia non in tutti gli ospedali si segue la strada del VBAC. Sono stati fatti grandi passi avanti ma in alcune regioni continua la regola del “cesareo chiama cesareo” senza possibilità di appello. La mia speranza è che ogni donna possa ricevere le giuste informazioni sulla possibilità e sui numerosi vantaggi che offre un parto naturale rispetto ad un cesareo ripetuto.

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