Stamattina, come ogni mattina, ho portato i miei cani in passeggiata nel parco che costeggia il cimitero. E come ogni mattina, ho volto lo sguardo verso il cimitero e ho sorriso ai miei nonni, che da più di 20 anni sono sepolti lì.

N.B. Quello che segue fa parte dei miei ricordi d’infanzia più cari, che a ripensarci oggi a qualcuno potrebbero venire i capelli in piedi. Certe cose, a riviverle da mamma, farebbero rabbrividire anche me. Ma ciò che mai è mancato è l’amore ed è con amore che ve lo racconto.

La mia infanzia è stata accompagnata da una sola coppia di nonni, quelli materni, che viveva nello stesso nostro paese.

I miei nonni probabilmente non erano quelli descritti dalle favole. E forse non erano nemmeno i suoceri migliori del mondo, per mio papà.

Mia nonna non era la classica nonnina sempre in cucina a preparare torte; però lavorava a maglia, di continuo, e mi faceva tantissimi maglioni. Così tanti che ad un certo punto non ci stavano più nei cassetti e allora era costretta a disfarli per riutilizzare la lana e creare maglioni nuovi, sempre diversi. E io non li sopportavo quei maglioni; volevo le felpe come tutti i miei amici. Ora compro maglioni fatti a maglia e, ogni volta che arrivo in cassa, ogni banconota che estraggo dal portafogli mi ricorda quanto ero imbecille!

Mio nonno era lo stereotipo del vecchio brontolone; una pentola di fagioli che borbottava per i motivi più disparati. Raramente mi chiamava con il mio nome, in genere mi rimbrottava appellandomi con un brianzolissimo “ciaparat”, talvolta gli appellativi erano meno gentili…

Ma io li amavo perdutamente, come loro amavano noi nipoti.

Ho bellissimi ricordi delle ferie passate da soli con loro, in montagna e al mare; a Natale, sento ancora risuonare la voce di mia nonna, emiliana doc, che rimprovera a mio nonno di non fare la sfoglia abbastanza sottile per i tortellini che lei avrebbe poi magistralmente ripiegato. E le buffe rincorse di mio fratello, intorno al tavolo da pranzo rotondo; mia nonna brandiva una ciabatta e minacciava chissà quali tremende punizioni. Lo acciuffava sempre, ma quella ciabatta veniva solo agitata mentre lei ringhiava “guarda vè”; non ho mai visto quella ciabatta abbattersi su nient’altro che non fossero mosche fastidiose.

E ricordo la Panda beige di mio nonno, ogni pomeriggio puntuale fuori dalla mia scuola. Non è mai arrivato in ritardo, non un solo giorno!

Perchè vi racconto tutto questo? Qual è il senso di questo amarcord? A cosa dovrebbe servirvi?

Ecco, ammetto il totale egoismo di questo articolo. In realtà serve a me, a ricordarmi di essere indulgente con i nonni dei miei figli, almeno sulle cose di minore importanza. Perchè è vero che non sono perfetti e a volte li vorrei diversi da come sono realmente: più o meno presenti, più o meno rigidi, più o meno pro-attivi. Ma la realtà è che amano perdutamente i miei bambini, e loro li ricambiano in egual misura. E gli regaleranno ricordi bellissimi, come quelli che io conservo dei miei nonni.

Buona festa dei nonni a tutti!

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Giorgia

Sono Giorgia, adoro i miei cani, il buon cibo, il mare, il sapere, Netflix, i viaggi itineranti e scrivere. Sono un vulcano di idee e progetti, ho sempre qualcosa di nuovo da conoscere e studiare, amo studiare quasi quanto amo gli stuzzichini dell'aperitivo. Ho qualche problema con l'agenda, ma non manco mai un appuntamento. Chi mi ama lo fa senza condizioni.

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