I bambini ci fanno sempre domande spesso difficili da spiegare e soprattutto riescono a porcele a bruciapelo, in momenti e luoghi inaspettati.

In questo particolare periodo di grandi accadimenti a livello mondiale che atteggiamento è meglio avere di fronte alle domande che un bambino ci può fare sui fatti di Bruxelles, la guerra in Siria, i profughi e altri fatti di cronaca?

Prima di tutto una premessa che si rifà al buon senso: non lasciamo mai i bambini soli davanti alla TV a fare zapping e in generale non esponiamoli ai telegiornali che di certo non sono adatti a loro perché mostrano immagini spesso molto forti in pochi secondi e senza alcuna spiegazione a loro immediata e comprensibile. Prestiamo accortezza anche quando parliamo tra adulti degli accadimenti che succedono nel mondo o intorno a noi, pensiamo sempre che i bambini ci ascoltano, anche i più piccoli, e ogni nostra parola per loro ha un peso. Senza fare esempi troppo grandi come il terrorismo o che ci sembrano lontani come le guerre, pensiamo a quando parliamo ad esempio di un furto avvenuto in casa dei vicini: un bambino che ascolta potrebbe pensare che possa succedere anche in casa sua, potrebbe temere per l’incolumità sua e dei suoi cari e non sentirsi più sicuro nella propria casa che dovrebbe essere invece un luogo in cui ci si sente protetti.

I bambini vivono nel mondo dove accadono cose di cui alla fine si ha notizia ma è importante considerare sempre il momento in cui la notizia si apprende e soprattutto come ciò accade.

Può capitare che, pur con le migliori intenzioni, si giri il canale della TV proprio nel momento sbagliato o si dica qualche parola di troppo o che semplicemente nostro figlio senta altre persone parlarne.

In genere i bambini quando hanno visto o saputo qualcosa che non riescono a collocare e capire bene e che li turba fanno domande ai loro adulti di riferimento (genitori ma anche nonni o insegnanti) e a queste domande è giusto e sacrosanto dare una risposta coerente perché il bambino non abbia il sentore che la sua domanda sia inadeguata, che ci siano cose che lui non può sapere a priori o che le sue domande non siano importanti in generale.

Se il bambino non troverà risposte alle sue domande può accadere che smetta di porle e si dia delle spiegazioni tutte sue che spesso possono non corrispondere alla realtà facendo accrescere timori. Rispondiamo dunque alle domande poste senza eccedere e andare troppo “oltre” la domanda stessa: di solito i bambini ci pongono domande calibrate a quanto desiderano sapere, se la nostra risposta non li appaga chiederanno di più finchè non si sentiranno soddisfatti.

E’ chiaro che non è necessario fare un trattato minuzioso sulla tragedia appena accaduta e la risposta varierà in base all’età del bambino e alle sue caratteristiche (molto curioso, molto sensibile etc..)

Non dividerò le risposte in base a fasce di età perché penso che ogni bambino sia diverso dall’altro e magari la stessa modalità può andare bene per un bambino di quattro anni così come a uno di dieci, dipende appunto dal bambino.

Prima di tutto pensiamo però a come ci poniamo noi adulti davanti all’avvenimento per il quale ci troviamo a dare risposte.

I bambini, lo abbiamo detto, ci osservano sempre e quindi captano come noi percepiamo la notizia: se siamo spaventati, preoccupati, arrabbiati e contro chi lo siamo quindi stiamo anche attenti a non dare giudizi per categorie di persone. Dopo questa riflessione su di noi possiamo provare a dare risposte alle domande che ci arrivano con parole semplici che descrivano ciò che è accaduto, ma senza appesantire troppo la descrizione. Molto più importante del descrivere ciò che è successo è accogliere le impressioni, sensazioni e paure del bambino; del resto se ci fa domande è perché ha già compreso che qualcosa di “grande” è accaduto e questo sicuramente suscita in lui oltre che interrogativi che devono trovare risposta anche sentimenti intorno alla vicenda. Chiediamo quindi anche che idea si è creata nella sua testolina, se ha paure a riguardo e soprattutto cerchiamo di tranquillizzarlo sul fatto che è al sicuro e che non c’è un pericolo imminente per la sua incolumità e quella dei suoi cari.

Mi si obietterà che questa sicurezza non la sentiamo nemmeno noi adulti quando qualcosa di tremendo accade molto vicino a noi in termini geografici (ad esempio attacchi terroristici in città europee) ma anche emotivi (ad esempio disgrazie familiari), ma perché caricare un bambino di tanta paura e ansia per una cosa che non abbiamo la matematica certezza che potrà accadere? I bambini hanno il diritto di vivere leggeri e sentirsi al sicuro per poter crescere sereni, ci sarà tempo per entrare nel mondo adulto pian piano.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Ti potrebbero piacere