Un bambino manifesta difficoltà nel riconoscimento dei grafemi e nel processo di lettura, con omissioni di parole o ripetizione di termini incompleti? Potremmo trovarci di fronte ad un problema di dislessia.

Questo tipo di sintomi, se non rientrano spontaneamente nel giro di poche settimane o pochi mesi, devono mettere in allarme quando fanno la loro comparsa dopo il secondo anno di scuola elementare. In questa fase, il bambino ha già superato le difficoltà legate al primissimo approccio alla scrittura e comincia ad automatizzare quotidianamente quanto appreso.

La dislessia – che può essere accompagnata anche da difficoltà di natura mnemonica – è un universo complesso. Molto più complesso della definizione che spesso si tende a dare quando si vede un bambino che incontra ostacoli nella lettura.

Per parlare in maniera corretta di dislessia è infatti necessario inquadrare diversi sottotipi, ossia la dislessia evolutiva e quella acquisita.

Entrambi i tipi riguardano la fluidità delle operazioni mentali che permettono di leggere, senza alcuna compromissione per l’intelligenza. Qual è la differenza, quindi?La dislessia evolutiva è un disturbo dello sviluppo neurobiologico presente dalla nascita, mentre quella acquisita è un disturbo causato da un evento traumatico. Possiamo inoltre suddividere la dislessia evolutiva in centrale o periferica. La prima è caratterizzata da deficit che riguardano la via fonologica o quella visiva, mentre nella seconda il deficit riguarda il processo di elaborazione della forma visiva delle parole.

Tornando ai due tipi principali. La dislessia evolutiva si manifesta generalmente nei primi anni di scuola, mentre quella acquisita fa la sua comparsa più tardi. In entrambe le situazioni è opportuno richiedere l’intervento di uno specialista.

Come agire? La situazione è ovviamente molto diversa a seconda che si tratti di dislessia evolutiva o di dislessia acquisita. Nel primo caso è necessario far capire al bambino che il disturbo specifico dell’apprendimento non influisce sulla sua intelligenza. La situazione non lo rende in alcun modo inferiore rispetto ai compagni. Cambiano solo le esigenze, perchè riuscirà comunque a raggiungere un risultato soddisfacente anche se in più tempo.

In caso di dislessia acquisita si dovrà invece lavorare soprattutto sull’autostima personale senza concentrarsi sull’inclusione nel gruppo. Le difficoltà nel processo di transcodifica che permette di leggere possono infatti risultare traumatiche a livello psicologico. Questo può fornire un’immagine del proprio valore totalmente distorta con ripercussioni negli studi o nei primi passi nel mondo del lavoro.

Ringraziamo per l’articolo la Dott.ssa Miolì Chiung, Psicologa psicoterapeuta
www.studiosalem.it

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