(aggiornamento novembre 2019)

Cos’è l’anticipo scolastico? C’è chi dice che sia un anno guadagnato e chi invece sostiene che sia un anno di gioco perso. Ecco il punto di vista della nostra psicologa

Per molte famiglie, dicembre e gennaio sono tempo di open day per la scuola dell’infanzia e, ovviamente, anche per la scelta della scuola primaria. A breve, infatti, apriranno le iscrizioni per i bambini che nell’anno solare compiranno i 6 anni. La normativa però, con la legge 53/2003, permette l’anticipo scolastico per i bambini che compiranno il sesto anno di età entro il 30 aprile dell’anno scolastico in corso. In poche parole concede che i bambini possano iniziare la scuola primaria a cinque anni e mezzo.

Da mamma e da professionista mi sono spesso trovata a rispondere alla questione se fosse una cosa buona far saltare ai bambini nati nei primi 4 mesi dell’anno un anno di scuola dell’infanzia.

Io lo ammetto subito, non sono favorevole all’anticipo scolastico. Ci sono bambini, pochissimi, per i quali è indicato, ma si tratta di casi davvero eccezionali, quasi una rarità. Ma per la stragrande maggioranza, io non consiglierei l’anticipo scolastico

Perchè sono contraria all’anticipo scolastico

Partiamo dal contesto generale ossia pensiamo innanzitutto che la scuola primaria è un salto enorme per un bambino rispetto alla scuola dell’infanzia, se l’ha frequentata. Anche se un bambino ha iniziato a due anni e mezzo la scuola materna (la normativa infatti si estende allo stesso modo alla scuola dell’infanzia) ed era pronto per questo passo, non è detto che lo sia altrettanto a cinque anni e mezzo per la scuola primaria.

Chiediamoci come mai pensiamo di mandarlo in anticipo… perché è più “avanti” rispetto ai coetanei?

Chiediamoci se è un bisogno reale del bambino o piuttosto un’aspettativa di noi genitori nel vederlo “più grande e capace”.

E’ assolutamente chiaro che a questa età anche una differenza di appena sei mesi si può vedere tantissimo, figuriamoci dunque tra un bambino di inizio anno e uno di fine anno.

Rispettare i tempi di ogni bambino 

In genere, si impara a leggere e scrivere intorno ai sei anni, ma non è assolutamente la regola. C’è chi è pronto a cinque anni e mezzo e chi a sei anni e mezzo o addirittura a sette anni. Secondo la pedagogia steineraiana ad esempio un bambino è pronto per apprendere la letto-scrittura solo dai sette anni compiuti. In effetti se pensiamo alla vita di un bambino cosa realmente cambia? Nulla, a patto che vengano rispettati i suoi tempi fisiologici.

Non cambia nulla nemmeno aspettare per inserire nella scuola primaria un bambino che magari a cinque anni e mezzo già ha interesse per lettere e numeri. L’interesse va sostenuto ma non spinto troppo. La struttura della scuola primaria è, ancora nella maggioranza dei casi, fortemente diversa da quella della scuola dell’infanzia dove l’apprendimento è legato molto al movimento, al gioco e alla scoperta. La giornata è strutturata in modo diverso. Le richieste sono altre, tarate su una fascia di età che comprende bambini di sei anni (spesso anche i bambini nati a dicembre si trovano in difficoltà per questa ragione).

Ci sono realtà scolastiche emergenti, sia pubbliche che private, che stanno rivedendo il metodo educativo “classico” in favore di approcci legati al gioco e alla scoperta seguendo le inclinazioni e gli interessi dei bambini, ma sono ancora la minoranza purtroppo.

Numerosi recenti studi inoltre affermano che i benefici di una precoce scolarizzazione sono soltanto momentanei. Si vedono quindi unicamente nell’immediato perché il bambino anticipatario sembra allineato agli altri, ma poi può accadere che tali benefici si perdano col tempo e ciò può portare a sensi di inadeguatezza e ledere l’autostima. Gli stessi studi invece sottolineano come il gioco libero, più presente alla scuola dell’infanzia, sia importantissimo per l’apprendimento e lo sviluppo socio-emotivo.

Lasciare dunque un bambino un anno in più alla scuola dell’infanzia, con ritmi più alla sua misura ed esperienze basate sul gioco non vuol dire far perdere opportunità di apprendimento ma dare un’occasione più in linea con il suo sviluppo.

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